Con i bambini più piccoli, siamo molto attenti alla valutazione della dimensione dell’azione in rapporto allo spazio e all’uso degli oggetti in esso presenti. Nell’osservazione clinica poniamo attenzione alla numerosità degli atti tra loro differenti che il bambino spontaneamente produce (riempire, svuotare, lanciare, trasportare, nascondere, ecc.), cercando i segni della presenza di un rapporto tra significatività degli atti ed espressione del viso, tra significatività degli atti e ricerca di uno sguardo condiviso di intesa sull’accaduto. Se questo livello risulta molto povero, allora inseriamo nella riabilitazione esercizi appositi per la costruzione degli atti più elementari e basilari nell’evoluzione normale del bambino, primo tra tutti riempire/svuotare, prendere oggetti da un piano per trasportarli su un altro (ad esempio dal pavimento al tavolo, dal tavolo alla mensola) procedendo ad arricchire e a rendere via via più complessi gli atti. Uguale attenzione viene posta a tutte le prassie fini-motorie ed alle capacità possedute per svolgerle. Quando il bambino è piccolo, fino ai 3/5 anni, la riabilitazione di tale livello viene svolta all’interno delle pratiche relative all’autonomia del quotidiano, oppure attraverso un piano educativo di gioco con materiali appositi (colori, farina, didò, ecc.), tra cui prediligiamo il materiale della Montessori.
Per quanto riguarda le prassie grosso-motorie, nei primi anni di terapia del bambino piccolo, esse usufruiscono della valenza riabilitativa e abilitativa che a questo livello svolge la pratica psicomotoria di Gioco Libero; quando i bambini raggiungono una certa capacità linguistica ed una certa consapevolezza di sé in rapporto allo spazio-tempo (non prima dei 4/5 anni) introduciamo la pratica di riabilitazione neuro-motoria-prassica. Per anni abbiamo utilizzato il punto di vista e le programmazioni che nascono dalla metodologia di Pierre Vayer e ultimamente abbiamo puntualizzato il nostro lavoro in questo campo seguendo l’efficace metodologia della professoressa Letizia Sabbadini.
Le difficoltà motorio-prassiche hanno un’importanza nodale nello sviluppo di tutte le funzioni neuro-psicologiche. Un disturbo della Coordinazione Motoria può comportare nella vita di un bambino molte e importanti difficoltà anche sul piano della relazione con sé stesso e con gli altri, oltre che nell’esecuzione corretta e facile di numerosi gesti quotidiani. Una Disprassia, intesa come “disturbo dell’esecuzione di un’azione intenzionale” può indurre problematiche molto determinanti anche nella costruzione della soggettività in quanto la capacità di costruire il piano dell’azione è sicuramente uno degli assi portanti dello sviluppo della soggettività del bambino secondo molti autori (vedi tra tanti H. Wallon, B. Aucouturier, E. Perrella). A partire dal test APCM 2 si costruisce con il bambino un percorso mirato che comprende esercizi nei seguenti ambiti: Equilibrio e coordinazione, Oculomozione, Movimenti mani e dita, Sequenzialità, Coordinazione dinamica, Abilità grafo-motorie, Abilità manuali, Gesti simbolici, Movimenti oro-facciali intenzionali, Abilità prassico-costruttive.